Uno scambio

Getto via la saggezza,

ripudio il sapere:

I miei pensieri navigano nel grande vuoto

(Chi K’ang, Canzone Taoista)

Avevo visto per alcune settimane un ometto con le spalle curve e le guance ispide alla fermata dell’autobus; stringeva una scatola di cartone e mi fissava con occhi che credevo distratti, invece.

Quei giorni erano lunghi ed estenuanti insomma felici. Anche se mi faceva vergogna abitare da zia Filomena e dipendere ancora dalla sua magra pensione, anche se ascoltare le sue bizzarre opinioni su questo e quello durante pranzi interminabili mi annoiava; anche se avevo le scarpe sempre umide – era un inverno piovoso, quasi tropicale – sentivo di muovermi verso un obiettivo preciso. L’importante non era davvero farsi assumere come elettricista a tempo indeterminato, l’importante era avere finalmente uno scopo qualsiasi.

Questo riempiva di energia ed entusiasmo la mia vita di allora, che altri potrebbero giudicare scialba. Mai una birra con amici che del resto in quella città sconosciuta non avevo, mai un concerto o un cinemino. Ma i visi della gente per strada sembravano così animati, i miei datori di lavoro erano luminosi esempi e persino le lunghe file all’anagrafe per il cambio di residenza erano fonte di sorprese.

Un giorno l’ometto con la scatola sparì dalla fermata, non si vide più per quasi una settimana.

Una sera – era la prima bella giornata di marzo e un tramonto esagerato arrossava ogni cosa – tornai dal lavoro e me lo ritrovai in sala, che mi fissava con un sorriso vacuo. Lo salutai un po’ stupito e zia Filomena dalla cucina brontolò: Dicce agl amici tua che vegnano quanno stai accasa, so’ggià ddu’ore che aspetta; detto questo sciabattò in camera sua e non la rividi mai più.

Mi sedetti con l’omino al tavolo di mogano su cui giaceva la scatola. Lui l’aprì: sbirciai dentro e vidi che era vuota e che l’uomo era pazzo. Posai lo sguardo sul suo volto ordinario e mi accorsi che rideva eammiccava, come se avesse appena risolto a proprio vantaggio una questione da lungo tempo aperta fra noi. Poi richiuse attentamente la scatola con del nastro adesivo e si avviò verso la porta senza più prestarmi attenzione. Notai che le sue spalle non erano più curve e non vidi mai più neppure lui. Mi sembrò di mettere a fuoco per la prima volta la mia vita. Verso cosa correvo? Perché mai avrei dovuto fare l’elettricista, o era pazzo. Posai lo sguardo sul suo volto ordinario e mi accorsi che rideva eammiccava, come se avesse appena risolto a proprio vantaggio una questione da lungo tempo aperta fra noi. Poi richiuse attentamente la scatola con del nastro adesivo e si avviò verso la porta senza più prestarmi attenzione. Notai che le sue spalle non erano più curve e non vidi mai più neppure lui. Mi sembrò di mettere a fuoco per la prima volta la mia vita. Verso cosa correvo? Perché mai avrei dovuto fare l’elettricista, o qualunque altra cosa? Uscii e iniziai a vagare per le strade; forse era la luce squallida dei lampioni a trasformare ogni volto che incrociavo in un ammasso di rughe noia e bestialità. Infine tutti si confusero in un unico viso sempre identico e sempre insignificante mentre le case e l’asfalto delle vie crollavano mescolandosi in una marea grigia. Ho continuato a vagare, indifferente a tutto, sostentato da generosità fortuite che affioravano di tanto in tanto come schiuma dall’indistinto mare di uomini e cose attorno a me.

Forse ho incontrato di nuovo l’ometto, e faceva l’elettricista nella mia vecchia azienda. Forse non era lui ma un altro uguale, e del resto che importanza ha?


A trade

I will cast out Wisdom

and reject Learning.

My thoughts shall wander in the Great Void

(Chi K’ang, Taoist Song)

For some weeks, I had seen a little man with stooped shoulders and bristly cheeks at the bus stop; he clung to a cardoboard box, giving me what I thought was an absent-minded stare.

Those days were long and exhausting, in other words happy. Despite my shame of living with aunt Filomena, feeding on her scant pension, despite the boredom of listening to her bizarre opinions on this and that during endless meals; despite my shoes were always wet – it was a rainy, almost tropical winter – I felt I was moving towards a precise target. The important thing wasn’t really getting permanently hired as an electrician, it was finally having a purpose whatsoever.

This filled with energy and enthusiasm my life back then – a life that others could judge as flat. I never went out for a beer with friends that I didn’t have anyway, in that unknown city, nor for a concert or a movie. But the faces of people in the streets seemed so lively, my employers were shining examples and even the long lines at the registry office to change my address were a source of surprises.

One day the little man with the box vanished from the bus stop. I didn’t saw him for almost a week. Then one evening – it was the first beautiful day in March and an exaggerated sunset was reddening the sky – I came back from work to find him in my living room, staring at me with a vacuous smile. Quite stunned, I greeted him, then aunt Filomena grumbled from the kitchen: “Tell youre friends to comm’ whennya home, he waited two hours.” And she shuffled to her bedroom and I never saw her again. I sat beside the little man at the mahogany table where his box lay. He opened the box: I peeked inside it and I saw it was empty and that he was insane. I gazed at his ordinary face and I noticed he was laughing and winking like he had just settled to his advantage an issue opened between us. Then he sealed very carefully the box with some duct tape and he directed to the door without paying me attention. I noticed that his shoulders weren’t stooped anymore and I never saw him again.

I had the impression to visualize my life clearly for the first time. Where was I running to? Why in the world should I do the electrician or anything else? I went out and started wandering in the streets; maybe it was the bleak light of the streetlights that turned every face I crossed in a beastly dump of wrinkles and boredom. Eventually they all merged in one face always identical and always trivial while the buildings and the asphalt collapsed mixing in a grey tide. I kept on wandering, indifferent to everything, sustained by stray generosities that emerged from time to time, like a foam, from the indistinct sea of men and things around me.

I might have met the little man again and he was working as an electrician for my old company. Maybe it wasn’t him but another just equal, but does it matter?


Nadia Costaboni . (2013)